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Il cinema... visto da www.viabonanno24.it

4 mesi, 3 settimane e 2 giorni

Titolo originale: 4 luni, 3 saptamini si 2 zile
Nazione: Romania
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata: 113'
Regia: Cristian Mungiu
Cast: Adi Carauleanu, Luminita Gheorghiu, Vlad Ivanov, Anamaria Marinca, Alexandru Potocean, Laura Vasiliu

4 mesi 3 settimane 2 giorni racconta splendidamente – senza una parola sbagliata nei dialoghi, un effetto retorico, una scivolata nel già visto o nel contesto politico che attenua la responsabilità individuale – la storia di un aborto. Lo fa in tempo quasi reale, senza risparmiare i dettagli più atroci: cerata sul letto della camera d'albergo, ragazza sdraiata a gambe aperte, introduzione della sonda, feto insanguinato appena espulso sul pavimento del bagno.

Le due ragazze, umiliate e sole nella Romania di Ceausescu, quando l'aborto era clandestino, sono descritte talmente bene da indurre lo spettatore a immedesimarsi in loro e a provre il vero e sincero dolore che loro esternano.

Intanto attorno, nell'albergo in cui si procurerà l'aborto, nelle strade attorno, in altri interni a contatto con altra gente, si evoca con precisione assoluta il clima grigio, soffocante, desolato, di quegli ultimi anni di bieca dittatura.

Veramente un bel film anche se il pugno allo stomaco che si prova nel vederlo è davvero duro da sopportare. Solo per stomaci forti insomma: molto triste ma veramente toccante, trovo che la Palma d'Oro a Cannes nel complesso sia meritatissima.

Voto: 4/5


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36 quai des orfèvres

Titolo originale: 36 quai des orfèvres
Nazione: Francia
Anno: 2004
Genere: Drammatico
Durata: 110'
Regia: Olivier Marchal
Cast: Daniel Auteuil, Gérard Depardieu, Valeria Golino, André Dussollier, Roschdy Zem, Daniel Duval

La storia drammatica e spettacolare di 36 Quai des Orfèvres (mitico indirizzo parigino della Polizia giudiziaria), ispirata al caso vero di alcuni poliziotti corrotti che una ventina d’anni fa sconvolse la Francia, mette in scena la guerra senza quartiere tra i due sbirri Depardieu e Auteuil, un tempo amici e ora rivali per il potere: chi sgominerà la feroce banda di criminali che terrorizza la regione diventerà capo del ”36” al posto di Dussolier prossimo alla pensione.

Storie insomma di feroci rapine e di sbirri senza pietà, di infiltrati, di corruzioni e di carognate: i primi trenta minuti del film presentano alcune forse tra le migliori sequenze "poliziottesche" degli ultimi vent'anni : dure, violente, perfette nella realizzazione pratica ed interpretate alla grande dai due giganti Auteil e Depardieu.

Una volta esauritasi la forza dirompente dell'incipit, 36 cambia lentamente ed inesorabilmente faccia, diventando qualcosa di simile ad una tragedia shakespeariana, con la lotta a distanza tra i due protagonisti che si fronteggiano e lottano a forza di colpi bassi entrando in una spirale di violenza e morte che lascerà ben pochi personaggi vivi sul campo di battaglia. Diversamente dalla tv infatti qui il confine tra buoni e cattivi è dolorosamente vago: guardie e ladri, amicizia e odio, lavoro e vita privata si mescolano, spingendo gli individui alla deriva.

Diretto alla grande e sceneggiato alla stra-grande, 36 colpisce lo spettatore grazie alla freschezza e realismo della messa in scena, alla bravura degli interpreti, e ad una serie di dialoghi che, se fossero inseriti in un film americano, probabilmente, sarebbero oggi già sulla bocca di tutti.
La realtà tradotta in fiction viene sottoposta alla legge dell'intrattenimento, ma la storia che il regista aveva tra le mani avrebbe potuto benissimo reggere una narrazione più equilibrata. E il film sarebbe stato un piccolo capolavoro. Comunque resta una pellicola più che piacevole, da vedere anche perchè insolita e decisamente diversa dal solito "poliziesco".

Voto: 3½/5
  • 18/12/07 21:21  
    Anonymous Anonimo ha detto...

    come dire...un film ostacolato dagli eventi!;-P (e qui solo pochi possono capire!) dopo tanto tempo infine è stato visto ed è piaciuto proprio a tutti...vero Ste???;-)



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Shrek Terzo

Titolo originale: Shrek the third
Nazione: USA
Anno: 2007
Genere: Animazione/Commedia
Durata: 92'
Regia: Chris Miller, Raman Hui
Cast (voci): Mike Myers (Shrek), Eddie Murphy (Ciucchino), Cameron Diaz (Fiona), Antonio Banderas (Gatto con gli stivali), Rupert Everett (Principe Charming), Justin Timberlake (Principe Artie)

Va detto subito: Shrek Terzo soffre un po' del paragone con i numeri che lo hanno preceduto tuttavia bisogna riconoscere che questo terzo episodio è un capolavoro di qualità grafica e alta tecnologia.

Gli autori del film probabilmente hanno pensato che sarebbe stato troppo rischioso cambiare una vincente formula di successo così, anche questo sequel si guarda bene dallo sperimentare qualcosa di nuovo. La pellicola coniuga l'umorismo semplicistico (a favore del target infantile) con strizzatine d'occhio alla cultura pop e al lifestyle delle celebrities americane, moltiplicando i subplot e i personaggi a dismisura, fino a compromettere la propria coesione strutturale: la sovrabbondanza di personaggi infatti spezzetta l'azione e toglie spazio anche ai protagonisti. Un'idea quasi geniale, insomma, però oramai sommersa da esigenze extra-artistiche che la stanno affondando.

Non mancano i momenti felici e tutto sommato il risultato è piacevole ma nel complesso il film vive di rendita, con trovate che non riescono mai ad essere funzionali all'economia narrativa.
Due, comunque, le principali risorse del film: l’animazione firmata DreamWorks, più verosimile che mai, e la verve del protagonista, sempre più irresistibile e simpatico.

Voto: 3½/5


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Vacancy

Titolo originale: Vacancy
Nazione: USA
Anno: 2007
Genere: Thriller
Durata: 80'
Regia: Nimród Antal
Cast: Kate Beckinsale, Luke Wilson, Ethan Embry, Andrew Fiscella, Dale Waddington Horowitz, Kym Stys, Frank Whaley, Meegan Godfrey, Caryn Mower

L'idea di marito e moglie in trappola in un albergo e inseguiti da una banda di assassini non è certamente originale. Però va riconosciuto a Vacancy di aver introdotto alcuni elementi di rottura del classico horror estivo. I personaggi principali non sono i soliti adolescenti alle prese con visioni dall'altro mondo ma una matura coppia in crisi che si trova a dover sfuggire a un gruppo di crudeli ma anche goffi assassini di provincia. La tensione sgorga spontanea anche dal più semplice elemento, facendo dubitare di ogni angolo buio che si cela nelle semplici stanze dei motel americani.

Va bene, ha un inizio che fa temere il peggio, con la solita coppia che, nottetempo, prende una scorciatoia e si perde (chi l'avrebbe mai detto eh?). E il finale sembra monco, come se tempo, denaro e pellicola fossero venuti a mancare improvvisamente e si fosse deciso di finire senza una reale conclusione. Però non si può negare che in mezzo Vacancy sia efficace, stringato, veloce, senza perdite di tempo e a volte pauroso.

Insomma, un piccolo thriller con tutti i suoi bravi difetti ma non quello della durata eccessiva (fortunatamente infatti non dura più di un'ottantina di minuti): "è proprio arrivata l'estate" si può dire usciti dal cinema. Eppure l'ungherese-americano Antal gioca un cinema quasi sopraffino (i primi 20 minuti di tensione "suggerita" sono davvero magistrali) e vince contro ogni pronostico.

Voto: 2½/5


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Manhattan

Titolo originale: Manhattan
Nazione: USA
Anno: 1979
Genere: Commedia
Durata: 96'
Regia: Woody Allen
Cast: Diane Keaton, Woody Allen, Meryl Streep, Mariel Hemingway, Tisa Farrow, Anne Byrne Hoffman, Karen Ludwig, Michael O'Donoghue

Commedia romantica solo in apparenza (la trama potenzialmente è buona per qualsiasi soap opera). Manhattan, uno dei film più famosi di Woody Allen, è in realtà un’amara riflessione sul cinismo e sulla superficialità dei rapporti umani e sullo spregiudicato balletto degli accoppiamenti. I dialoghi sofisticati e lo humour sferzante celano l’incapacità di misurarsi con la verità dei sentimenti più autentici, salvandosi solo con la forza delle parole.

Non è per la spiritosaggine delle battute che Manhattan si raccomanda. La sua buona riuscita dipende soprattutto da una sintesi felice di humour e moralità con cui, deridendo le fragilità degli snob succubi delle mode culturali, le nevrosi di una società e il prendersi e il lasciarsi in un girotondo di frivole passioni, Woody Allen mostra il lato più ridicolo di una civiltà moralmente marcia.

Indimenticabile e inimitabile la fotografia in bianco e nero di New York.

Voto: 3/5
  • 15/12/07 14:36  
    Anonymous Anonimo ha detto...

    uff questo film proprio non lo ricordo...ma avevo dormito proprio così tanto??non saprei assolutamente dire di cosa parla!!:-\



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Lord of war

Titolo originale: Lord of war
Nazione: USA
Anno: 2005
Genere: Azione/Drammatico
Durata: 120'
Regia: Andrew Niccol
Cast: Nicolas Cage, Ethan Hawke, Jared Leto, Bridget Moynahan, Eamonn Walker, Ian Holm, Sammi Rotibi

Pur rispettando le regole imposte dal cinema americano (storia d’amore, intrecci, azione, effetti speciali) Lord of War ha una forte impronta politica, rappresenta una denuncia diretta degli orrori della nostra epoca e ci mostra senza far troppi giri di parole che nel mondo sono in circolazione quasi 700 milioni di armi e ne vengono prodotte altri 8 milioni all’anno, che 500.000 uomini vengono ammazzati in guerra ogni anno, che 300.000 bambini soldato sono costretti a imbracciare il fucile e usarlo in guerra come se fosse un giocattolo e che decine di conflitti vengono sostenuti e alimentati dalla circolazione incontrollata dei prodotti dell’industria militare.

Non stupisce quindi che per queste sue caratteristiche il film sia stato «ripudiato» da Hollywood e nessun produttore (a poche settimane dall’inizio della guerra in Iraq) si è offerto di finanziarlo. Tutte le grandi case di produzione infatti lo hanno rifiutato e alla fine ha potuto venir realizzato solo grazie ai finanziamenti indipendenti ed è stato possibile portarlo a termine solo perché il cast ha accettato una riduzione dei compensi.

L’idea di gettare uno sguardo sul commercio delle armi senza tirare in ballo la morale è uno spunto di partenza interessante. L’unico vero punto debole del film è paradossalmente (o forse sarebbe meglio dire "come era prevedibile aspettarsi") proprio Nicolas Cage, che passa dal sudicio ristorante di Brooklyn alla fase degli hotel di lusso, senza cambiare di una virgola l’espressione del viso. Non è mai stato un grande attore, c'è però da dire a sua discolpa che qui la sua faccia levigata e quasi del tutto priva di sfumature si adatta abbastanza alla fisionomia in apparenza tranquilla, nonostante i cinismi che nasconde, dei tanti «signori della guerra» purtroppo così numerosi nel nostro mondo di oggi.

Il film è divertente e esagerato, con più macchiette che personaggi e alcune scene veramente improbabili: davvero si manda in confusione l’Interpol cambiando il nome a una nave? Davvero bastano quattro sacchi di patate marce per convincere gli investigatori a non perquisire un container sospetto?

Comunque la pellicola tiene attaccati alla sedia come un vero thriller: se è pur vero che la voce narrante di Cage alla lunga stanca, si arriva alla fine davvero arrabbiati e con una sensazione di fastidio addosso davvero forte. L'ironia insomma graffia spesso e quando, verso il finale, ti aspetteresti il ravvedimento, o almeno la punizione del "cattivo", il film "rilancia", invece, con un calcolato sadismo; e la parabola crudele è salva.

Voto: 3½/5


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