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Il cinema... visto da www.viabonanno24.it
Grande grosso e... Verdone
Titolo originale: Grande grosso e... Verdone Nazione: Italia Anno: 2008 Genere: Commedia Durata: 131' Regia: Carlo Verdone Cast: Carlo Verdone, Claudia Gerini, Geppi Cucciari, Eva Riccobono, Emanuele Propizio, Andrea Miglio Risi, Martina Pinto, Clizia Fornasier, Vincenzo Fiorillo, Alessandro Di Fede, Stefano Natale, Anna Maria Torniai, Roberto Farnesi, Marco Minetti Con L'amore è eterno finché dura, Manuale d'amore (uno e due) e Il mio miglior nemico, Carlo Verdone aveva cercato una regia asciutta, non destinata, per una volta, a sfilacciarsi attorno ai siparietti macchiettistici che popolavano invece Viaggi di nozze. Grande grosso e... Verdone ripropone invece il passato televisivo e cinematografico del regista romano: anche questo film ha una struttura a episodi e recupera i bonari mostri della periferia romana: il mammone imbranato, il professore pedante e il coatto di borgata. L'attore-regista ha spiegato che questa scelta gli è stata suggerita dalle migliaia di richieste anonime di tanti suoi ammiratori che lo hanno indotto a rivestire i panni di un tempo. In questo senso però vedendo Grande, grosso e Verdone non si ha la sensazione di vedere un "film", ma tre piccoli "sketch" televisivi e ricordando il Verdone degli ultimi anni si potrebbe pensare che è un vero peccato, perché stiamo parlando di una figura importante del cinema italiano e perché in passato il regista ha dimostrato più volte di essere un osservatore acuto, un interprete tagliente, analitico e allo stesso tempo surreale di tante realtà del pianeta Italia. Se però si rinuncia al paragone con i film a cui il regista romano ci aveva abituato negli ultimi tempi e si prova a guardare questa pellicola con gli occhi con cui avevamo visto Viaggi di Nozze si nota che di certo molte cose non funzionano (incongruenze e situazioni non credibili) e talvolta il ritmo è troppo rallentato, ma è simpatica la voglia di narrare un'Italia dal sorriso triste e volgare e soprattutto Verdone è un interprete sempre più bravo e straordinario. Per misurare il suo talento crescente basterebbero il modo rigido e saltellante di camminare e le spalle squadrate del professore, oppure la faccia appassita e imbarazzata del coatto arricchito. L'attore insomma riesce sempre a esprimere la natura magari spregevole del personaggio, e insieme a farsi voler bene dagli spettatori per la sua genialità. E perchè no, anche a far sorridere un bel po' il pubblico (se non addirittura ridere in alcune occasioni). Voto: 3½/5
Persepolis
Titolo originale: Persepolis Nazione: Francia Anno: 2007 Genere: Animazione Durata: 95' Regia: Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi Cast (voci): Paola Cortellesi, Licia Maglietta, Sergio Castellitto, Angelica Bolognesi, Miranda Bonansea, Angelo Maggi Teheran, 1978: Marjane, otto anni, sogna di essere un profeta che salverà il mondo. Educata da genitori molto moderni e particolarmente legata a sua nonna, segue con trepidazione gli avvenimenti che porteranno alla Rivoluzione e provocheranno la caduta dello Scià. Marjane sarà quindi costretta sin da piccolissima a fare i conti con la nuova società dei "pasdaran", il ritorno del velo, le costrizioni sociali, l'arresto degli amici dei genitori, oppositori della nuova dittatura teocratica. Da fanatica degli Abba e del movimento punk di cui colleziona segretamente introvabili fanzine, Marjane vedrà di giorno in giorno limitare le sue libertà, fino al giorno in cui i suoi, preoccupati per l'incontrollabilità del suo carattere ribelle, si vedono costretti ad allontanarla da casa a 14 anni per andare a studiare a Vienna. Lì Marjane vive a 14 anni la sua seconda "rivoluzione": l'adolescenza, la libertà, l'amore ma anche l'esilio, la solitudine, la diversità. Un argomento non certo «nazional-popolare» che attraverso i disegni dell'autrice aveva conquistato il pubblico per forza di stile e di intelligenza. Portarlo al cinema poteva sembrare un' operazione rischiosa se non azzardata. E infatti l' autrice aveva rifiutato le proposte che volevano farne il soggetto di un film di finzione, magari con qualche grande star hollywoodiana. Ha accettato solo quando avrebbe potuto controllare totalmente il progetto, non snaturarne lo spirito e dirigerlo insieme al compagno con cui divide lo studio dove lavora, Vincent Paronnaud. Un'autobiografia a fumetti diventa così un film di animazione in bianco e nero e narra un angoscioso percorso di liberazione con un'intelligenza, una leggerezza e soprattutto una capacità di fondere, anche visivamente, le due culture da cui proviene, davvero invidiabili. Il tutto raccontato con meravigliosi disegni animati in bianco e nero, essenziali e volutamente infantili. La parte più riuscita del film è la prima: il rapporto simbiotico tra la bimba e la nonna, la rappresentazione non priva di ironia dei genitori «dissidenti» ma ricchissimi, il passaggio da una dittatura monarchica a un integralismo religioso di Stato sono raccontati con grande freschezza. L'incontro di Marjane con l'Occidente ha accenti più scontati, ma rimane un forte messaggio multiculturale per nulla banale. Che tutto ciò avvenga con le armi (pacifiche) del cartone animato, è doppiamente importante, soprattutto ripensando ai tentativi iraniani di bloccare il film a Cannes e in altri festival. Unica pecca del film è che forse, a causa della scelta del "cartone animato", risulta poco coinvolgente e toccante, un po' freddo e distante. La parola segreta di questo post è: LEHM. Capirai presto cosa significa questa frase.Voto: 3½/5
Into the wild
Titolo originale: Into the Wild Nazione: U.S.A. Anno: 2007 Genere: Avventura/Drammatico Durata: 148' Regia: Sean Penn Cast: Emile Hirsch, Vince Vaughn, Hal Holbrook, Kristen Stewart, William Hurt, Marcia Gay Harden «È un mistero per me / abbiamo un'avidità / che abbiamo accettato / Pensi di dover volere / più di quello che ti serve / e che finché non l’avrai / non sarai libero. Società / sei una razza folle / spero non ti sentirai sola senza di me (...) Credo di dover trovare un posto più grande / perché quando hai più di quello che pensi / hai bisogno di più spazio»: per spiegare lo spirito del film, non ci sono parole migliori di quelle di Society, uno dei pezzi della colonna sonora scritta per Into the Wild da Eddie Vedder dei Pearl Jam. La pellicola racconta la vicenda che sconvolse l'America, la vera storia di Christopher McCandless, giovane laureato benestante della buona borghesia americana che taglia i legami con tutto, rinnega le false verità della sua società e rinuncia a tutte le sue sicurezze materiali abbandonando la civiltà per immergersi all'interno della natura selvaggia, per abbracciare la natura, l'umanità, quella verità che nasce dalla libertà più totale. Il film si apre con Chris che arriva in Alaska e si accinge a passare un'estate in totale solitudine. Con lunghi flash-back, e con una doppia narrazione (le lettere che Chris scrive a un amico e la voce fuori campo di sua sorella), scopriamo che Chris ha abbandonato la famiglia subito dopo essersi diplomato al college, e che per due anni ha girato l'America in autostop, facendo l'agricoltore nel South Dakota e l'hippy in California, discendendo il Colorado in kayak e cuocendo hamburger in un fast-food. Tutte le persone che Chris incontrerà lungo il suo peregrinare amplificano l'idea di un percorso a stadi funzionale a liberarsi da qualsiasi dipendenza da ogni tipo di comfort e privilegio. Quarto film da regista di Sean Penn è stato uno degli eventi dell'ultima Festa di Roma, dove in diversi hanno gridato al capolavoro. È bene dire subito che non lo è, ma è anche giusto ammettere che è uno di quei film che possono far innamorare per la tenerezza del protagonista (interpretato non in modo impeccabile da Emile Hirsch) e perché sono abbaglianti i paesaggi naturali nei quali si svolge la storia. È un vero peccato però che il film, a mio parere e a voler essere generosi, sia riuscito solo in piccolissima parte, anche a causa di un eccesso di poesia, molto cercata e poco trovata, e di un finale troppo ambizioso. Anche la struttura stessa del film è assai ambiziosa. La regia inoltre va a caccia di dettagli, si dilunga in digressioni e squarci naturalistici che qua e là sfiorano il sublime, ma più spesso rimangono bellissime fotografie con poca anima. Il risultato è un film di 148 minuti (davvero troppi per qualsiasi pellicola, ancora di più per un'opera così basata sui paesaggi come questa), visivamente bellissimo ma narrativamente zoppicante. La prova del protagonista è più sport estremo che cinema. La parola segreta di questo post è: GARTNER. Capirai presto cosa significa questa frase.Voto: 2/5
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